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Visualizzazione dei post da 2017

Un giorno al manicomio

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Questa mattina ho dovuto occuparmi di una certa pratica tecnica, di quelle che capitano raramente e perciò nel corso degli anni cambia non solo la prassi da seguire, ma anche l'ubicazione degli uffici competenti. Così pensando che si trattasse di un certo edificio ci sono andato più o meno a colpo sicuro e venuto via con le pive nel sacco. Raccolte le solite informazioni dai passanti (sempre più attendibili di qualunque GPS) mi sono infilato nell'ex ospedale psichiatrico di Cagliari, meglio noto come Villa Clara, dove oggi risiedono la maggior parte degli uffici della Az. USL n.8. Si tratta di un complesso enorme, grande almeno come un villaggio, composto da innumerevoli fabbricati dalla piacevole architettura immersi in un parco verde che non ti aspetteresti di trovare in centro città. Il primo personaggio che incontro naturalmente è il guardiano presso il cancello, al quale spiego cosa devo fare. Il tizio casca dal pero e dichiara senza vergogna di non sapermi aiutare. "

Alti e bassi

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Se guardi verso l’alto vedi il cielo, dietro il cielo c’è l’infinito qualcosa di inimmaginabile. Vuol dire che il cielo non ha fine, o anche se ce l’ha, per quanti sforzi tu faccia non riuscirai mai a vederla perché è troppo lontana. Quindi devi fermarti più vicino, le cose più vicine che vedi sono gli uccelli, corpi più pesanti dell’aria che riescono a sfruttarla e a navigarci dentro, a mezz’aria appunto. Gli uccelli sono creature meravigliose, forse le più belle che esistono. Più in alto degli uccelli vedi le nuvole. Le nuvole non sempre sono belle, talvolta vogliono dire tempo brutto e altre ancora addirittura disastri. Ma se pensi alla loro funzione non puoi che collocarle tra le cose belle. Le nuvole sono fatte d’acqua, acqua che fluttua nell’aria sotto forma di gas, acqua che riesce a volare come fanno gli uccelli. Le nuvole fanno parte del meccanismo perpetuo della purificazione e riciclo dell’acqua. Senza nuvole non ci sarebbe l’acqua e senza acqua non ci sarebbe vita. Quindi a

La isla bonita

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Ma si, mi sono detto "però almeno un'occhiata gliela posso dare" e così sono andato a cercare L'Isola di Pietro in streaming. Qui da noi ovviamente, abbiamo saputo che si sarebbe girata una fiction ambientata a Carloforte già dai primi sopralluoghi, e per mesi ci siamo ritrovati sui social le foto dell'amico di turno che era riuscito a farsi fotografare a braccetto con Gianni Morandi. Il quale fra l'altro pare si sia dimostrato una persona cordialissima. Non mi piacciono le fiction, ma trattandosi di un lavoro locale ero curioso di scoprire cosa ne sarebbe venuto fuori. Finché non ho scoperto che sarebbe andata in onda su canale 5, emittente che di solito non frequento per partito preso. A quel punto ci avevo già messo una pietra sopra, sull'Isola di Pietro fiction girata a San Pietro. Poi domenica scorsa se ne è parlato in famiglia e mi è stato detto che valeva la pena di buttare l'occhio almeno sulle bellissime immagini del paesaggio, riprese con i d

E poi più nulla

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  L’ultima cosa che vide fu un lampo di luce, molto simile ad un’esplosione. Sentì un dolore fortissimo ma brevissimo che si dissolse immediatamente. Poi più nulla, salvo un fischio acuto che continuò per circa trenta secondi, una sola nota che diminuiva di volume come un apparecchio a cui è stata tolta l’energia e si sta spegnendo. Si trovò subito dopo in piedi in mezzo alla strada, si guardò intorno, un nuvola di fumo inodore avvolgeva tutto e si stava diradando piano piano. Nessun rumore, silenzio assoluto e immobilità di ogni cosa visibile. Un chiarore neutro proveniva dall’alto, senza che fosse possibile individuarne la fonte, uniforme come quella dei grandi ambienti commerciali, costellati di miriadi di lampade a led montate sopra ad un vetro opalino. Sembrava una fotografia tridimensionale che avesse bloccato tutto ciò che si muoveva al momento dello scatto. Un gabbiano stava planando sul mare. Due scie rettilinee e parallele partivano dalla punta delle ali formate dal pulviscol

Il lungo viaggio

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  Ho visitato la mostra di Robert Capa in un museo di Nuoro. Ho bevuto un aperitivo seduto su una panchina, coi piedi sul parapetto che mi separava da un'ansa del Danubio. Ho salutato con imbarazzo un cameriere inglese con una stretta di mano, lui si aspettava una mancia ma io ero giovane e senza soldi. Ho dormito sdraiato sulla retina portabagagli dello scompartimento di un treno da Bari a Roma. Mi sono calato da uno strapiombo di cento metri appeso ad una corda. Sono passato sotto monti, fiumi, canali navigabili e piste d’aeroporto. Sono passato su un ponte che unisce l’Europa all’Asia e su dighe olandesi. Ho strisciato carponi dentro il torrente di una grotta e sono rimasto incastrato in un passaggio a clessidra. Ho volato dentro ad un abitacolo di latta. Ho avuto paura trovandomi per caso solo dentro una camera a gas di Mauthausen. Ho attraversato a piedi il Ponte delle catene di Budapest. Ho bevuto una birra gelata offerta prima ancora di dirmi “benvenuto” dal gestore di un ca

La fontana

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  Di questi tempi si ha paura di tutto, forse grazie al costante e martellante bombardamento mediatico. Paura di morire, di essere rapiti, torturati, raggirati, derubati, violentati, declassati o deportati. Personalmente niente di tutto questo in particolare. A cominciare dalla prima vivo conscio del fatto che se dovessi andarmene domani avrei pur sempre conosciuto un buon numero di anni e d'altra parte non potrei farci nulla. Quanto al resto credo di avere sufficiente esperienza da poter valutare un pericolo nella gran parte delle situazioni. Ma una paranoia ce l'ho ed è quella di essere frainteso. Da anni ho paura di rivolgere la parola ad un bambino che non conosco, figuriamoci fargli una carezza. Di scambiare qualche battuta con gli adolescenti, o in certe situazioni anche con signore mature. Timore di essere scambiato insomma per il maniaco seriale di turno. Così in queste situazioni ci vado sempre coi piedi di piombo, valutando l'opportunità di un approccio per quanto

Dalmazio

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Ovvero, com'erano fatti gli uomini di una volta   Dalmazio Capello nacque il il 16/07/1879 a Homberg in Germania, da Giacomo di Borgo San Dalmazzo (CN) e Maria Prato Merkard tedesca. Il padre era un impresario ferroviario e come tale visse in giro per l'Europa e per l'Asia. Capitò così che Dalmazio si laureasse in ingegneria in quella che allora si chiamava Costantinopoli, al rientro definitivo in Italia gli venne però riconosciuto solo il diploma di geometra, con diritto di iscrizione all'albo senza praticantato e senza esame di abilitazione. Terminati gli studi anche lui girò parecchio, sempre in campo ferroviario ma anche in altri, come quello minerario, delle bonifiche idrauliche ed edilizia civile . Parlava diverse lingue, oltre al tedesco, certamente quel tanto di turco, russo e cinese che gli consentì di studiare e lavorare in quelle nazioni. Collaborò all'installazione di una teleferica presso una miniera in Germania, presso una società mineraria nel Caucaso

Maturità

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Da semi ignorante e arido di cuore quale sono, non posso permettermi giudizi sulle farraginose procedure che ancora oggi governano l’iter degli esami di maturità e sui temi scelti. Ogni anno ne succede una nuova e ogni anno quella che ormai è diventata una tappa obbligata per tutti, come una volta lo era la licenza elementare, viene presentata come un evento eccezionale. Con tanti incoraggiamenti per i maturandi e critiche severe sulla scelta delle materie. Così stavolta qualcuno è inciampato su una “i” di troppo, e le critiche o almeno grande meraviglia, sono state suscitate dalla scelta di un autore semisconosciuto. Così dicono, io non mi permetto. Agli studenti, dato che ormai per me sono passati tanti anni, e come premesso sono arido di cuore, dico: ci siamo passati tutti e non state facendo nulla di speciale, si chiama esame di maturità non a caso. A chi ha scelto quell’autore dico: tanto di cappello, non riesco a pensare ad un tema più attuale, bello, importante, serio e profondo

Ti diremo ancora un altro si

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  No stasera no che ho mal di testa.” “No stasera no che c’è la 197° puntata de - Un posto al sole a Dallas mentre mi faccio beautiful -” “No stasera no che ho mal di testa.” “No stasera no che i bambini dormono.” “No stasera no che poi mi viene mal di testa.” "No stasera no che ci sono i bambini svegli." “No stasera no che ho mal di testa.” "No stasera no che mi sono appena rifatta i capelli." "No stasera no che ho mal di testa." “No stasera no che deve venire la vicina a mostrarmi un nuovo punto a maglia.” “No stasera no che ho mal di testa.” “No stasera no che domani deve venire mia madre” “Ma viene domani.” “Appunto, stasera no.” “No stasera no perché c’è mia madre.” “No stasera no perché ieri c’era mia madre.” “Ma era ieri.” “Non vorrai mica approfittarne subito, quanto sei insensibile.” “No stasera no che ho mal di testa.” “No stasera no perché ho il ciclo.” (Non ho mai capito perché, o forse non mi sono mai informato bene, ma questa qui vale almeno

Abbigliamento

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  E’ sabato mattina, prendo il coraggio a quattro mani e decido di fare un po’ di giardinaggio, dopo tutto l’inverno è finito e non ho più scuse. Scelgo le cose da mettermi, sembra facile ma non è così, se metto qualcosa di non molto vecchio rischio gli strali della moglie. Una semplice tuta da ginnastica non va bene, perché ormai fa già caldo. Scelgo una maglietta polo scolorita, un paio di jeans e un golfino a V da mezza stagione. I jeans hanno conosciuto buona parte della della mia vita, credo abbiano almeno trent'anni ma ricordo perfettamente dove li ho comprati, era uno di quei magazzini all’ingrosso che vendono abbigliamento da lavoro e stoffe da guerra. Roba americana insomma, come si diceva una volta. Si sa che i jeans sono capi duraturi e si sa che più invecchiano più son belli. Non li ho ancora buttati per tre motivi: 1) rispetto ai modelli di oggi sono comodissimi. 2) si sta aprendo un buco sul ginocchio e quindi sono improvvisamente tornati di moda. 3) un vecchio prover

Quando i Perlini urlavano

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C’è un sentiero facile che partendo dal centro di Iglesias in piazza Quintino Sella, si arrampica sulle alture occidentali e raggiunge, passando per diversi punti molto panoramici, la miniera di Monteponi. E’ l’ideale per chi voglia prendere una vista a volo d’uccello di cosa è stato il polo minerario più importante della Sardegna. Il tracciato si può chiudere ad anello e in questo caso è lungo circa 13 chilometri. Le salite spaventano, quindi per farsi un'idea precisa della difficoltà si tenga presente che il punto più elevato è nei pressi della chiesa campestre del Buon Cammino a circa 350 mslm, con un dislivello dal punto di partenza di circa 170 mt, che viene superato ogni anno da anziane devote a lume di candela, mentre cantano “chi non ama Maria non ama Gesù…” Quindi nessuna scusa, si può fare. Dal Colle del Buon Cammino e dalle tappe che seguono si domina la vallata del Cixerri fino a Cagliari, o verso sud ovest le isole minori e il mare. La macchia mediterranea ricopre tutt