Abbigliamento

 


E’ sabato mattina, prendo il coraggio a quattro mani e decido di fare un po’ di giardinaggio, dopo tutto l’inverno è finito e non ho più scuse. Scelgo le cose da mettermi, sembra facile ma non è così, se metto qualcosa di non molto vecchio rischio gli strali della moglie. Una semplice tuta da ginnastica non va bene, perché ormai fa già caldo. Scelgo una maglietta polo scolorita, un paio di jeans e un golfino a V da mezza stagione.

I jeans hanno conosciuto buona parte della della mia vita, credo abbiano almeno trent'anni ma ricordo perfettamente dove li ho comprati, era uno di quei magazzini all’ingrosso che vendono abbigliamento da lavoro e stoffe da guerra. Roba americana insomma, come si diceva una volta. Si sa che i jeans sono capi duraturi e si sa che più invecchiano più son belli. Non li ho ancora buttati per tre motivi: 1) rispetto ai modelli di oggi sono comodissimi. 2) si sta aprendo un buco sul ginocchio e quindi sono improvvisamente tornati di moda. 3) un vecchio proverbio marinaro dice: bandiera vecchia onor di capitano.

I miei maglioni si dividono in due gruppi 1) quelli che mi piacciono. Sono comodi, quasi tutti tinta unita e quasi tutti blu. 2) quelli che non mi piacciono. Hanno colori improbabili ma che “sai adesso si usano”. Per fortuna belli o brutti invecchiano anche loro, quelli del secondo tipo purtroppo molto più lentamente. Il golfino che ho scelto è dignitosamente blu ma un po’ stanco è sformato, ha i gomiti lisi e tende a fare i pirulini di lana. Un tempo mi piaceva ma mi rassegno e decido di sacrificarlo.

Per le scarpe non c’è problema, sono di tela, di quelle che una volta chiamavamo scarpe da tennis ma in realtà c’erano solo quelle per ogni uso sportivo. Hanno il vantaggio di poter essere lavate. Sotto sono ormai quasi lisce e se pesto una cacca del cane basta fregarle sull’erba. Durano anche loro un’era geologica come i jeans di una volta.

Faccio le scale a balzelloni (non dovrei con le suole lisce) e mi presento in cucina, mia moglie mi guarda e mi dice: “Dove stai andando?” “Perché lo vuoi sapere?” “Così. Ho visto che ti sei vestito bene e ho pensato che stessi per uscire.”

Il tono era serio e privo di modulazioni ironiche, sembrerebbe quindi uno semplice scambio di battute sul concetto di abbigliamento casual chic, ma invece era solo una questione di interpretazione dell'ultima frase, che in realtà suonava così: “Visto che stai uscendo (perché stai uscendo, non è una constatazione, è un ordine!) mi compri per favore patate, aglio, prezzemolo… [segue una lista di n elementi]”.

Così niente più giardinaggio, tanto stava per mettersi a piovere.

27 marzo 2017


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