Un regalo di Natale

 



Prima o poi lo devi scartare l’ultimo regalo di Natale, e ci trovi dentro Venezia con la sua indiscutibile magia. Arrivi di notte, sembra una scomodità e invece è un punto di vista che ancora non conoscevi. Immersa nella bruma invernale ha qualcosa in più, come nei quadri.


Si è trattato di un solo giorno tra venerdì sera tardi e domenica mattina presto, ma è bastato per gustarla come mai ci era capitato. Sabato ci avviamo per la visita e c’è un sole splendido. Ogni volta ti sembra sempre un po' più vecchia, il pavimento intarsiato della grande basilica di San Marco è sempre più ondulato. I campanili delle altre chiese sempre più pendenti. Le fondamenta delle case sempre più rosicchiate dall’acqua. Inevitabile chiedersi quante generazioni ancora potranno ammirare questo splendore prima che scompaia. Di giorno è affollata anche in questa stagione, tra le feste già finite da un pezzo e il Carnevale non ancora arrivato. Riusciamo ad entrare a San Marco senza fare fila, ma all’uscita è già lunghissima. Anche i gondolieri sono diversi, non hanno la tradizionale maglia a righe e il cappello di paglia, ma voluminosi piumini e berrettacci di lana. Vagabondiamo senza meta fissa, cercando di evitare i luoghi scontati o già visti. Ai lati delle calli e delle piazze sono ordinatamente accatastate le tavole e i sostegni che servono ad allestire le passerelle in caso di acqua alta. Anche in questo siamo stati fortunati, perché pur essendo pieno inverno non siamo incappati in una di quelle giornatacce.


Lo sfortunato invece è un gondoliere, che si è incagliato sotto un ponticello e per giunta in una curva a novanta gradi. Allora osservi meglio e ti accorgi di cosa è successo, talvolta c’è l’acqua alta ma come è logico succede anche il contrario, la bassa marea, infatti sui lati del canale c’è un metro e mezzo di vegetazione marina scoperta. Schettino il gondoliere si dibatte col suo remo usandolo un po’ come tale e un po’ come pertica. Corre da prua a poppa della sua gondola nera cercando di farla oscillare come un'altalena. Mena grandi calci alle pareti delle case. I colleghi passando per i canali vicini, lo vedono, ma sembrano più propensi a prenderlo in giro che a dargli una mano e vanno via. Piano piano si forma sul ponticello sovrastane un capannello di gente, è così anche su quelli vicini. Lui con fare determinato non se ne cura, mantiene il controllo di se e riesce a non dire nemmeno una bestemmia, eppure da queste parti volano basse. Meno tranquilli sono i sei giapponesi intrappolati sulla sua imbarcazione, un po’ imbarazzati per essere passati dal ruolo di osservatori stranieri a quello di occasionale attrazione locale. Se qualcuno non si muoverà a compassione dovranno aspettare la prossima alta marea.



Le giornate interessanti finiscono presto, soprattutto quelle invernali che sono più corte. Qualche acquisto. Il tè in un locale schic e cena in una trattoria, veneta ovviamente. Seppie al nero con polenta, tagliata con rucola e funghi, verdure miste e vino nero della casa.


Il giorno dopo alle cinque siamo per strada immersi nella stessa bruma di venerdì notte. E’ logico pensare che una città sull’acqua debba essere tutta in piano, poco sopra il livello del mare. Invece mille ponticelli a schiena d’asino provano le gambe, specie quelle di una certa età. Le rotelle dei trolley fanno un bel chiasso sul selciato e probabilmente svegliamo tutta la città. Vi sta bene veneziani, non si vive in un posto così bello senza subire qualche disagio.

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