Miniera Rosas

 


Percorrendo la SS 293, che da Siliqua tocca le pendici del colle del castello dell’Acqua Fredda e si inoltra verso sud tra le colline del Sulcis, si arriva svoltando a destra nei pressi di Acquacadda e prima di Narcao, al bivio che conduce alla ex miniera di Rosas, esempio purtroppo rarissimo di recupero e riciclaggio di installazione industriale. Già questo tratto di strada, a dispetto delle curve a cui non siamo più abituati, corre tra valli panoramiche verdissime, costeggiando ben due laghi artificiali e il tracciato di una vecchia ferrovia. Della quale si scorgono ancora intatti i viadotti, che all’epoca della loro edificazione dovevano essere ardite opere di ingegneria, infatti sono ancor lì a dispetto di certe fatiscenti opere moderne.
Questo ex villaggio minerario è stato piacevolmente trasformato in albergo diffuso, composto da casette con servizi indipendenti e nella parte alta da un ostello con servizi comuni. Un ristorante, un bar, aree picnic ed un piccolo parco giochi per bambini. Ma il pezzo forte è il museo, con tanto di laveria per la raffinazione del minerale estratto e galleria visitabili. Fin qui niente di eccezionale, finché non ci si informa un minimo sulla storia di questo posto. Tra gli anni settanta e ottanta, vi fu il repentino declino delle società estrattive, e la florida zona industriale intorno alla quale si erano sviluppate intere città con efficienti infrastrutture quali scuole e ospedali specialistici, cominciò ad agonizzare e a spopolarsi. Maldestramente la politica cercò di arginare il disastro sociale che ne derivò, installando nuove industrie che nulla avevano a che vedere con le capacità culturali e artigiane della zona, e che infatti stanno a loro volta inesorabilmente chiudendo. Non senza una spettrale scia di altri stabilimenti abbondanti e inevitabile inquinamento.



Narcao seguì la stessa sorte dei paesi circostanti, il grosso degli operai emigrò verso altre opportunità del continente, e ben poco venne assorbito dall’agricoltura. A quanto ci hanno raccontato un cocciuto gruppo di ex minatori, non avendo niente di meglio da fare prese a curare con un minimo di manutenzione i macchinari e gli edifici abbandonati della ex miniera. Nella speranza che prima o poi qualche investitore, com’era d’altronde già successo in passato, rilevasse la concessione e il lavoro riprendesse.
Un'altra classe politica, questa volta locale e quindi più vicina alle esigenze della gente, il Comune di Narcao, riuscì a farsi assegnare la proprietà della miniera ad un prezzo ormai solo simbolico. Col risultato che oggi Rosas è un grazioso villaggio con tanto di aiuole curatissime, unico nel suo genere. Non ha senso chiedersi come sia stato possibile, ma ha senso osservare che E’ STATO POSSIBILE. Infatti fiumi di denari, pare di provenienza CEE, sono stati spesi con lo stesso intento ad Orbai (vicinissima a Rosas) e ad Arenas nel Fluminese, ma senza lo stesso esito. Ad Orbai vi sono addirittura dei campi da tennis, che insieme al resto una volta spesi i soldi per la ricostruzione e mancando un minimo di capacità gestionale, stanno nuovamente decadendo. Le case e le opere di urbanizzazione sono state lasciate in balia di ladri e vandali, a partire dalle lampadine, dotazioni e accessori anche costosi come gli impianti di climatizzazione, stanno piano piano sparendo. Seguiranno gli infissi, gli apparecchi igienici, le tegole.



A Rosas invece oggi si può piacevolmente chiacchierare con le guide, peraltro preparatissime, che spiegano le cose con competente cognizione di causa, non senza una squisita gentilezza che dovrebbe essere propria di chiunque abbia a che fare con i turisti. Raccontano come si svolgeva un lavoro durissimo che coinvolgeva intere famiglie. Gente dalla vita breve la cui unica speranza nel futuro era che i figli potessero essere assunti a loro volta, in modo da avere almeno di che mangiare. La vita media era di poco superiore ai quarant’anni, quindi l’avvicendamento generazionale era a breve scadenza. I macchinari della laveria sono stati interamente restaurati, dotati di nuovi motori elettrici in modo da essere almeno dimostrativi. Qui operavano le donne, alcune delle quali erano costrette a nascondere fino all’ultimo lo stato di gravidanza. Mentre uomini e i bambini lavoravano nelle gallerie. Le une e gli altri, tutti indistintamente, erano esposti ad una inesorabile malattia professionale, la silicosi. In memoria di tanta penosa storia uno sforzo per conservare questi siti, è non solo utile ma anche doveroso.


Tanto di cappello quindi al Comune di Narcao, che è riuscito dove pompose società nate sulle ceneri di quelle minerarie, stanno nuovamente, miseramente e inesorabilmente fallendo, generalmente non senza prima affogare tra reiterati scandali. Narcao è un piccolo paese che sta riuscendo dove (giusto per fare un esempio) una città come Iglesias che dovrebbe essere storicamente la capitale mineraria della zona, annaspa ancora nella retorica. A Rosas lavorano stabilmente dieci persone, più sette stagionali nel periodo estivo. Sembrano poche, ma sono già qualcosa. I visitatori hanno raggiunto una media di cinquemila l’anno, non so se sono molti ma certamente non sono pochi.
Si potrebbe pensare che non ci sia spazio per altre strutture simili, in un territorio tutto sommato limitato sia per popolazione che per frequentazione turistica. Dipende da come questi siti potrebbero essere collegati, penso ad una rete di sentieri escursionistici ben segnalati, manutenuti, pubblicizzati e agevolati da adeguate documentazioni descrittive, complete di cartografia. Dipende dalle infrastrutture di indotto: maneggi per i cavalli, palestre all’aperto, piscine, guide escursionistiche che accompagnino gli appassionati sul modello del turismo alpino, manutenzione periodica degli altri siti vicini anche se non dotati di strutture ricettive, auto fuoristrada per i turisti più pigri lo si fa già ad Orgosolo e non sarebbe una novità. Dipende dal completamento dei posti letto già esistenti con camping e aree camper, realizzabili a bassissimo costo e che richiedono solo spazio (quello certo non manca) ancora troppo sottovalutati in Italia, mentre l’Europa ne è piena anche dove il clima è inclemente. Dipende dallo sforzo che la Regione Sarda prima di ogni altro ente, dovrebbe fare una volta tanto per agevolare prima di tutto i collegamenti col continente. Continuità territoriale a tariffe agevolate per tutti, non solo per i sardi obbligati ad emigrare, ma anche per i turisti che in tutto l’arco dell’anno e non solo d’estate, verrebbero attirati da un’offerta decente, diversificata e a prezzi accettabili, risollevando un economia da sempre in affanno. Anche questo si può fare, Ryanair insegna e Tirrenia farebbe bene a copiare.


Tra due settimane se non erro, un amico, Sandro Mezzolani, che da anni studia, cataloga, documenta e promuove i siti minerari dismessi e non solo, darà luogo ad una delle sue tante fantasiose iniziative. La visita di Rosas, raggiungendola però a piedi lungo il tracciato di una vecchia ferrovia, un'altra struttura non certo unica in Sardegna, che si sta lentamente estinguendo col tempo. L’aiuto dei sardi deve partire dai sardi, quindi partecipate e queste iniziative, e se non vi piace camminare a Rosas andateci comodamente in macchina perché ne vale la pena.


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