Spade schidoni e aghi


Sono sprofondato nella lettura, tra stoccate di spada che scivolano su una costola che ti salva la vita. Strade polverose o fangose a seconda della stagione, che oggi puoi vedere solo se ti allontani volontariamente dalla civiltà. Leghe che sono chilometri ma misurati diversamente. Ce ne vogliono sessanta per andare da Parigi a Calais, ma soprattutto per farle ci vogliono quarantotto ore a cavallo, e lo devi cambiare strada facendo almeno cinque volte, perché non ti muoia sotto la sella. Per attraversare il Canale della Manica invece ci vogliono otto ore di vela, contro le una e mezza di una nave di oggi.
La gente si veste in modo buffo, capelli lunghi, pizzetto e baffoni per gli uomini, crinoline per le signore, merletti e nastri per entrambi. Un cardinale poteva essere tranquillamente anche una carogna. Una regina anche un’adultera. Se però per sfizio ti allontani dal libro e fai qualche veloce ricerca storica, scopri che il re probabilmente era gay, dunque giustifichi la regina che cercava consolazione altrove. Un regalo “regale” alla propria consorte consisteva in dodici puntali di diamanti. Un diamante è per sempre si sa, di puntali invece ce ne volevano due, per metterti nei casini per sempre. Tempi complicati insomma, ma in fondo non molto diversi dai nostri, specie per quanto attiene alla morale.
Sono immerso nella lettura come dicevo e come avrete capito, de I tre moschettieri. Mai dire mai, pensavo di aver passato l’età per i romanzi di cappa e spada e invece mi ha preso subito. Sia pure con qualche delusione rispetto ai tanti film visti e rivisti. D’Artagnan, indubbiamente il protagonista, almeno all’inizio è un provinciale sempliciotto e imbranato, che si fa portar via a suon di bastonate i pochi soldi che gli ha dato il padre non appena arrivato in città. Ci vorrà un po’ prima che si faccia furbo. Nemmeno i suoi amici fanno una gran figura all’inizio, un mezzo prete, un ubriacone e un donnaiolo. Sempre rispetto ai film i duelli sono rari, trovano più spazio le descrizioni degli intrighi e della perfidia della gente.
Trovi anche qualche curiosità, lo schidone (spiedo) per esempio. Ero convinto che fosse un termine sardo (schironi) e invece è italianissimo anche se desueto. Sicuramente non lo ha scritto Dumas, ma così lo ha tradotto l’interprete della mia versione.
Finalmente una voce metallica, ansimante e inquietante mi distoglie dalla lettura.
“Nu-me-ro sette-ce-nto tren-t-otto. Box ven-ti-due.”
Mi ritrovo dov’ero prima di aprire il libro, in un grande padiglione fieristico, la mia sedia è distanziata almeno un metro e mezzo dalle altre ma siamo in tanti, tantissimi. Il numero che ho appena sentito mi avverte che è quasi arrivato il mio turno. Un tale non lontano da me, vedendomi finalmente presente, vuole attaccare bottone a tutti i costi. E dire che il libro lo avevo portato proprio per ingannare l’attesa e salvarmi da situazioni come questa.
“Io i vaccini li ho fatti tutti, anche il vaiolo”
Mi racconta che ha passato la vita lavorando all’estero, spesso in Nord Africa e tutte le volte che partiva doveva fare il richiamo di qualcosa. E’ vero, lo so per esperienza perché l’anti vaiolosa l’ho fatta anch’io. Non posso fare a meno di ricordargli però che ai nostri tempi i vaccini erano eventi frequenti comunque. Te li facevano il più delle volte senza tante storie e senza chiederti il permesso. Mi vengono in mente l’epidemia di colera, quando mio padre, che era un medico, venne a casa mia armato di spada e ne trafisse quattro di seguito. Oppure il Sebin da bambino a scuola contro un mostro che si chiamava poliomielite. L’unico incruento perché veniva somministrato a gocce su una zolletta di zucchero.
La voce metallica parla di nuovo, è arrivato il mio turno e mi salvo dall’interlocutore chiacchierone. Mi guardo intorno, siamo più o meno tutti coetanei. L’ambiente ricorda quello della visita di leva, non fosse per la presenza delle donne e per i fatto che allora la gente che avevi intorno era molto più giovane.
Entro in un separé ed è il tempo di un zac. Chi mi trafigge ha le mani di fata e nemmeno me ne accorgo, altro che D’Artagnan.
Passa una notte e ho la febbre, sarà per questo che ho confuso il romanzo con a realtà. Mi alzo e vado in bagno a vedere se ho qualche reazione evidente sul braccio. Nulla, nemmeno una miserabile Z di Zorro. Anzi, nemmeno una piccola AZ di AstraZaneca,


 

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