Torno da tua madre


"TORNO DA TUA MADRE!"
E’ quello che dicevo a mia moglie, quando litigavamo nei primi anni di matrimonio. Scherzavo, ma mica poi tanto.
Non credo capiti a molti uomini di aver avuto un buon rapporto con la suocera, a me è successo e ne sono contento. Aveva un modo di fare dolce e mite nonostante abbia avuto un’esistenza non proprio tutta rose e fiori. A molte donne succede di sopravvivere al marito, ma a molte meno per fortuna di sopravvivere a due figli.
Accettava quello che arrivava insomma, e non tardava a farsene una ragione tenendosi i peggiori dolori dentro. Insomma una donna a cui voler bene, e io avevo qualche motivo in più per farlo perché mi sentivo ricambiato.
Qualche volta è capitato come a tutti, che stesse male. Se ero a portata di mano voleva che le facessi compagnia. I parenti più stretti diceva che le mettevano ansia io invece le davo tranquillità. Non ricordo di essermelo sentito dire spesso e conoscendomi non capivo su cosa basasse questo punto di vista. Altre volte mi cercava per compiti un po’ più scomodi, come accompagnarla a comprare ettolitri d’olio d’oliva dall’altra parte della Sardegna. “Perché là, sai, lo fanno più buono”
Un giorno mi chiese di accompagnarla ad assistere alla riesumazione del padre. La parte di cimitero dove si trovava stava crollando, dunque non se ne poteva fare a meno e certe operazioni richiedono dei testimoni della famiglia. Anche in quel caso scartò la soluzione più logica, chiederlo a uno dei suoi figli. Ma la cosa più strana era che pretese che venisse con noi anche una nipote, la mia di figlia, che allora non aveva nemmeno dieci anni. Mmh... per me doveva esserci sotto qualche fregatura. Infatti gli operai non avevano dato nemmeno il primo colpo di piccone che si dileguò lasciandomi solo ad assistere alla scena. Quando più tardi le chiesi spiegazioni mi disse:
“Ma certo, non era mica una cosa a cui fare assistere una bambina, non ti pare?”
Dotata di una forza e di un’intraprendenza non indifferenti, in casa piantava chiodi e riparava le prese di corrente molto meglio del marito. Guidava molto bene, con mano ferma e tranquilla. D’altra parte aveva la patente C nonostante non avesse mai fatto il camionista, e nessuno ha mai saputo perché.
Aveva come tutti anche qualche difetto: come quello di essere convinta che mi piacessero i pomodori ripieni, che invece detesto. O di regalarmi un libro di Bruno Vespa ad ogni Natale. L’ultimo l’abbiamo trovato in uno scaffale ancor incartato con tanto di fiocchetto dorato, dopo la sua morte. Quella volta qualcuno (e credo di sapere chi) deve avergli detto che non l’ho mai potuto soffrire e gli mancò il coraggio di metterlo sotto l’albero.
Se n’è andata in punta di piedi la settimana scorsa, in piena lucidità ma consumata come una candela. Gli anni li aveva tutti e aveva battuto ogni record di longevità della sua famiglia. Il colpo di grazia deve averglielo dato la solitudine. Si è salvata dal Covid ed anzi l’avevano appena vaccinata, ma la maledetta pandemia l’aveva costretta alla clausura pressoché assoluta. In un istituto, in buone mani, ben curata ma nell’impossibilità di vedere i parenti e soprattutto le figlie che potevano solo telefonarle tutti i giorni.
Di solito sono abbastanza piagnucolone lo ammetto, ma questa volta è andata diversamente e non so perché. Probabilmente la tristezza verrà dopo a rate. Ma al momento sentivo che avrebbe voluto che qualcuno mantenesse il controllo, perché non si sa mai, come le altre volte. Sono anche incapace di pregare ormai, ma davanti a quella bara, in un momento in cui sono rimasto solo, me ne è venuta in mente una brevissima, di una sola parola ma che veniva dal cuore:
Grazie.
22 aprile 2021


 

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