Via Gulli 17


Perché i miei ricordi non vanno indietro più di tanto? Per anni ho sospettato di essere fatto male e oggi scopro (Google docet) che è un fenomeno che riguarda tutti. Mediamente i ricordi cominciano con fatti accaduti all'età di cinque anni o giù di li, salvo qualche flash che però assomiglia molto più a una fotografia in bianco e nero che a un film. Per quanto mi riguarda ad esempio ho un'istantanea mnemonica di mio nonno materno che apre le braccia per farmi salire in grembo, avrò avuto forse 3 anni, morì poco dopo e quindi è un ricordo prezioso. Poi c'è un pesciolino rosso che si dibatte sul fondo di un tombino, di cui ricordo addirittura il contesto. Si trattava del cortile di una casa di Merano dove abitavamo, io avevo 3/4 anni e non so dire cosa ci facesse un pesce rosso in un tombino, però sono certo dello scenario. Tutto questo si chiama "amnesia infantile" termine coniato niente meno che da Sigmund Freud.

Poi da Merano ci siamo trasferiti a Milano e da li comincia il mio film autobiografico. Ho chiari ricordi non solo della Milano dell'epoca ma anche delle domeniche sulla neve passate all'Aprica (SO). O dei lunghi viaggi in Liguria per andare a trovare i parenti. Parlo degli ultimi anni 50, l'autostrada era solo un abbozzo, la chiamavano camionale ed era a due sole corsie. Quindi centoquaranta chilometri con gli appennini in mezzo erano impresa epica per una 1100, cinque persone e un cane.


Oltre alle immagini cominciano a fissarsi nella memoria i nomi. Abitavamo in via Tommaso Gulli ma non ricordo il numero civico. Il quartiere era zona di caserme e Gulli è stato un ufficiale della marina eroe della prima guerra mondiale. Ovviamente queste cose un bambino di cinque anni non poteva saperle, ma quel nome, forse perché un po' buffo con tutto il rispetto per l'eroe, mi è rimasto impresso. Poi in seguito il ricordo si è rafforzato per l’assonanza con una certa via Gluck.

Ricordo l'asilo dove andavo, giusto davanti a casa, ma ricordo anche fatti accaduti. Spesso ci andavo solo, il traffico di allora lo permetteva e bastava attraversare la strada con tutte le dovute raccomandazioni. Una mattina appena varcato il cancello vidi una bambina che spazzava il marciapiede, era un asilo gestito dalle suore e certamente glielo facevano fare per gioco. Tra la recinzione e il marciapiede c'era un battuto di terra ricoperto di ghiaia, mi guardai intorno e diedi un calcio spedendo una quantità di sassolini sul marciapiede appena pulito. Il gesto stesso mi fece perdere l'equilibrio e finii per terra di schiena. Giusto il tempo di alzarmi che quella già mi inseguiva con la scopa, ma non riuscì a prendermi perché non la smetteva di ridere. Fu credo la prima figura di merda della mia vita e lei stette allo scherzo, perché non mi denuciò alle suore e la cosa finì li, almeno così speravo. Una volta tornato a casa invece scoprii che mia madre era al balcone per assicurarsi che arrivassi sano e salvo e aveva visto tutto. Cosa seguì non lo ricordo, evidentemente non fu un epilogo cruento, forse perché giudicò che il fato mi avesse già punito abbastanza.


Ricordo un cantiere edile a fianco alla scuola, passavo ore a guardarlo dalla finestra. Un giorno la gru spinta da un violento colpo di vento cadde sulla scuola, non assistetti all’incidente perché accadde di mattina molto presto e per lo stesso motivo per fortuna non ebbe conseguenze sui bambini. Però fece parecchi danni e purtroppo costò la vita al manovratore, allora le cabine di comando erano situate in alto sulla struttura e non telecomandate da terra come oggi.

La memoria riguarda tutti i sensi e l'odore di quei luoghi sapeva di mentolo. Il cortile di casa confinava con la Durban's, la fabbrica del famoso dentifricio, così non avevamo solo la bocca profumata ma anche il naso. Allora via Gulli era in periferia, con qua e la qualche fabbrica, il deposito dei tram e le caserme, intervallati da prati nudi. L'asilo stesso sul retro aveva un campo incolto, dove con le belle giornate le suore ci facevano uscire a sfogarci. Durante quelle sfrenate corse, coi pantaloni corti e le gambe nude anche in pieno inverno, imparai a memoria il mio primo termine botanico: Ortica.


Questo e tanto altro è rimasto impresso indelebile nel corso degli anni, anche se diciamo a brevi spot. La lunghezza delle scene da quel momento in poi si allunga sempre di più. Nel corso della mia vita sono tornato a Milano in diverse occasioni, quasi sempre per lavoro e quindi mi è mancato il tempo di andare a rivedere via Gulli. Fino a un mese fa quando a Milano ci ho passato qualche giorno e mi ci sono fatto portare da una paziente guida locale, un malcapitato cugino. Ho individuato subito la fisionomia della strada anche se ora è più che intensamente edificata. Un lungo rettilineo che termina in una piazza dalla quale altre vie si dipartono a raggiera. Una volta parcheggiato (e non è stato facile) sono andato alla ricerca di indizi. Individuare la scuola, elementare e d'infanzia fin da allora, è stato immediato. Oggi è un bell'edificio ampliato, con tanto di alta recinzione e telecamere di sorveglianza, non puoi nemmeno scalciare un po' di ghiaia che ti beccano subito. Ho intervistato una suora, più o meno ho stimato che potesse avere poco più della mia età, quindi all'epoca era certamente una bambina pure lei. Però mi ha detto che l'istituto si trova li dal 34' da prima della guerra dunque, ma ha subito diverse ristrutturazioni. Le ho spiegato il motivo affettivo delle mie domande e non si è stupita più di tanto: "Guardi che capita spesso che ci visiti qualche ex alunno."

Rimaneva qualche dubbio sulla casa, che io ricordavo proprio di fronte e invece si trova leggermente più a destra. La fabbrica del dentifricio non c'è più, da ricerche effettuate sul solito Google, risulta che l'area è stata ceduta al comune che ci ha fatto un parco e alcuni altri palazzi residenziali. Nell'individuazione sono stato tratto in inganno dall'aspetto recente di tutti i fabbricati dei dintorni, però è presto spiegato con una serie di ristrutturazioni, infatti sul retro del nostro era presente un ponteggio. Mi sarebbe piaciuto riuscire a entrare nel cortile, perché li avrei potuto verificare un altro importante indizio. Allora era un fabbricato di prestigio e l'architetto che lo aveva progettato lo aveva firmato con una statua di bronzo posizionata al bordo di una vasca di pesci rossi (eccoli di nuovo). La statua rappresentava una donna nuda distesa su una sorta di lettino, per quanto fosse stilizzata mi provocava un certo turbamento nonostante i cinque anni, ecco perché me la ricordo bene. Ma statua o no ormai non avevo più dubbi, qualcosa era rimasto in archivio, soprattutto la forma dei balconi.


Poi un ultimo indizio mi ha levato ogni dubbio. Il fabbricato è dotato di passo carraio perché nel cortile ci sono dei garage. Attraverso lo scorcio visibile dal cancello ho potuto ricostruirne la disposizione, anche se purtroppo da li non potevo vedere la statua. Infine mi è caduto l'occhio sulla pavimentazione e un’altra lampadina si è accesa. Cubetti di porfido appena abbozzati molto in uso a Milano ma, ho controllato, non più in quel quartiere. Ed ecco che riaffiora una sensazione legata a quei cubetti, intensa e dolorosa. In quel cortile ho imparato ad andare in bicicletta... coi pantaloni corti come ho già detto e le ginocchia nude.

11 dicembre 2018






 

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