Grugua

 


Nel 1964, 1965 o giù di lì, partecipai ad un campo scout in località Grugua, persa tra i monti tra Iglesias e Fluminimaggiore. Non fu il primo e nemmeno l’ultimo, ma quello in particolare mi è rimasto impresso per una serie di motivi. Prima di noi sul posto si erano accampate le guide. A quei tempi maschi e femmine, per quanto giovani fossero, dovevano stare a debita distanza. I campi quindi si svolgevano in località diverse, o quando la località era la stessa in tempi diversi. Se per forza di cose posto e date coincidevano tra maschi e femmine doveva esserci almeno un fiume, una valle o un qualche confine pressoché invalicabile. Era la regola, e non va dimenticato che i giovani esploratori in Italia son sempre stati affiliati alle parrocchie.

Durante i campi c’era di solito la giornata di visita dei genitori, a quello femminile quando andarono a trovare mia sorella i miei portarono Black il cane di famiglia. Nome piuttosto inappropriato dato che era un barboncino grigio chiaro. La povera bestia si perse nel bosco, venne ritrovato quando già erano subentrati gli esploratori, impaurito e stremato. Qualche anima buona lo riportò a casa dai miei, ma fu l’ultima volta che lo vidi perché morì qualche giorno dopo. Era vecchio e debole, ma era il primo cane che conobbi e da ragazzino quale ero ci rimasi molto male.

Un giorno i capi ci portarono al mare. Novità assoluta perché assumersi la responsabilità di condurre un centinaio di ragazzi assatanati su una spiaggia, quando già erano ingestibili in mezzo ai boschi, doveva essere stato un atto eroico. Percorrendo dieci chilometri a piedi lungo la gola di Gutturu Cardaxius raggiungemmo Cala Domestica e fu una giornata indimenticabile, in un luogo allora quasi irraggiungibile dalle normali automobili.

Al ritorno durante una sosta per riprendere fiato, il mio capo squadriglia mi convinse a proseguire prima degli altri “per dare una lezione a quei polentoni”. Ci perdemmo quasi subito e vagammo fino a notte fonda nelle campagne circostanti, io forse dodicenne e lui poco più. La luna ci fece compagnia, alla fine trovammo un ovile e dei pastori ancora al lavoro. Gente con la testa sulle spalle, che dopo un breve interrogatorio per capire da dove venivamo, ci caricò su un camioncino e ci riportò al campo. Io ero l’equivalente di un soldato semplice e mi spedirono subito a dormire, ma il mio capo squadriglia, insieme ai capi adulti che ci avevano in consegna, subirono una sorta di corte marziale.

Questa mattina ho ripercorso quei sentieri. Da Sant’Angelo che si trova sul valico più alto della SS 126 a circa 500 mt di altitudine, ho raggiunto Grugua e poi Cala Domestica. Circa diciassette chilometri attraverso una delle più belle zone minerarie della Sardegna. Piccole follie che mia moglie asseconda accompagnandomi da una parte e venendo a riprendermi dall’altra, forse con la segreta speranza che mi perda ancora e per sempre. Ma rispetto a quella volta avevo dalla mia un GPS, una traccia attendibile da seguire e cinquant’anni circa d’esperienza in più. No, questa volta non mi sono perso.

31 agosto 2016


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