Master & Commander

 


Tutte le storie finiscono prima o poi, quelle brutte con sollievo e quelle belle con un po’ di amarezza. Così oggi ho letto l’ultima pagina di un'avventura che mi ha accompagnato per tredici anni, il ciclo di romanzi di Patrick O’Brian ambientati nell’epoca napoleonica. Undici volumi scritti nell’arco di trent’anni, circa tremila pagine in tutto. In realtà ci vuole molto meno a leggerle per un vero appassionato, ma il bello è proprio questo, ogni volume è a se stante anche se legato da un filo conduttore con quelli che lo precedono. Io me la sono presa comoda, alternando i libri che compravo qua e là generalmente in occasione delle ferie, con altre letture.

Due i protagonisti: Jack Aubrey un battagliero comandante della Royal Navy e Stephen Maturin il suo inseparabile amico e compagno di viaggi. Jack è uno che ha fatto la gavetta, fatta di vita dura, alti e bassi, colpi di fortuna e rovesci finanziari. Stephen è il personaggio più eclettico: figlio illegittimo di origine irlandese, medico chirurgo, colto, naturalista e agente segreto. Le qualità dei due si fondono e si compendiano dando vita a storie sempre diverse che si svolgono negli angoli più remoti del vastissimo mondo ormai totalmente conosciuto, degli anni a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo. Ma ancora percorso sfruttando le forze della natura, in mare si va a vela o a remi, a terra a cavallo o a piedi. L’unica concessione alla tecnologia, oltre agli ancora rudimentali strumenti di navigazione, è la polvere da sparo che arma i cannoni che fecero della flotta inglese la più potente macchina da guerra di quegli anni. Anche Napoleone Bonaparte dopo aver fatto tremare l’Europa, deve piegarsi allo strapotere navale, che interrompe ogni collegamento, soffoca i porti e impedisce l’unico metodo di trasporto veloce di mezzi e truppe. Oltre naturalmente a rendere la Gran Bretagna inespugnabile.

Ma non si parla solo di guerra. Si racconta della difficile vita di allora, sia in mare che in terra. Di ingiustizie, di alleanze e tradimenti, di prigionie, di duelli, di intrighi politici ad ogni livello, di fortune che si rovesciano in un attimo per colpa di un sistema finanziario ancora assurdamente condizionato dall’aristocrazia. Ogni romanzo si svolge in un luogo diverso, fino a toccare quasi tutti gli angoli del globo. Mediterraneo, America, Medio Oriente, Cile, remoti scogli come Muritius o l’Isola della desolazione. E naturalmente Capo Horn, la Manica e il Baltico, con le loro terribili tempeste. Narrati con incredibile eleganza linguistica e sempre impeccabilmente tradotti. Dal ciclo è stato anche tratto un bellissimo film: Master & Commander con Russell Crowe.

Jack insegue un sogno, l’insegna di ammiraglio coronamento di una vita di pericoli e privazioni. Stephen una esistenza più tranquilla e più giusta, anche dal punto di vista sentimentale, che il dovere gli ha sempre negato. La storia si interrompe bruscamente perché l’autore muore (vero nome Richard Patric Russ, di origine irlandese, 1914 - 2000) ma evidentemente se lo aspettava, perché le ultime pagine narrano della nomina tanto attesa da Aubrey, di Maturin che trova finalmente una compagna perfetta, una nobile e colta naturalista, e della nave che naviga verso l’isola di Sant’Elena dove è stato appena esiliato il loro eterno nemico. Tanto che il troncamento diventa quasi ovvio e naturale.

L’ultimo libro, che altrimenti sarebbe stato miseramente corto, è completato da un saggio storico sulla marineria velica, che spiega molti aspetti che possono essere sfuggiti. Con dati tecnici e statistici completa il quadro storico. Vi si leggono anche certe curiosità, come lo smacco di Horatio Nelson che prima di diventare un eroe si fa menare per il naso in lungo e in largo per il Mediterraneo, e non riesce ad intercettare la poderosa ma lentissima flotta napoleonica che trasporta le truppe alla conquista dell’Egitto. Anche i grandi avevano i loro grattacapi e anche i mari apparentemente tranquilli potevano ridurre all’impotenza le più temibili macchine da guerra. L’ammiraglia della squadra inglese Vanguard, viene disalberata nel golfo del Leone. Viene quindi rimorchiata fino alla baia di San Pietro sulla costa meridionale della Sardegna, dove viene riparata e rimessa in navigazione in soli quattro giorni. Si parla senza dubbio di Carloforte e dei suoi maestri d’ascia, arrivati sull’isola da soli sessant’anni, (basta fare una piccola ricerca in rete per trovare conferme), che Nelson lodò poi come i migliori del Mediterraneo.

Così son giunto alle righe finali de “l’ultimo viaggio di Jack Aubrey”:

“L’età della vela costituisce il cuore del rapporto misterioso che lega gli uomini al mare; qualcosa di perduto e immemorabile, la cui cifra irripetibile continuerà ad affascinare le generazioni future anche quando dovranno tracciare la loro rotta tra le stelle.”

Ora mi toccherà cercarmi un altro super eroe.

19 luglio 2015


Commenti

Post popolari in questo blog

Egregio Comandante

Sulla scia degli Abbagnale

Quarantesimo